lunedì 30 gennaio 2012

Curiosità, superficialità o...paura?

In questi giorni si parla molto della tragedia del Giglio; le possibili cause o colpe di ciò che è accaduto, gli interventi giusti o sbagliati, l’indennizzo economico…le singole storie di angoscia e paura dei superstiti….ma non ci si sofferma ad osservare un altro fenomeno: “la reazione della gente, gli spettatori e i loro commenti.”
Si se guarda la situazione da un punto di vista metafisico, staccandosi dagli eventi e dai giudizi, si assiste ad un fenomeno sociale curioso. Centinaia e centinaia di turisti che arrivano sull’isola semplicemente per vedere “lo spettacolo”, “per fare un giro”… così alcuni di essi hanno giustificato la loro presenza di fronte al relitto della nave Concordia.
Ora, dire lo spettacolo o considerazioni simili, non può non farci riflettere sul tipo di società nella quale viviamo. Nulla è detto a caso, perché un evento che ha portato dolore a tante persone, compresi coloro che hanno sbagliato suscita nella gente curiosità; una curiosità ammissibile forse nei tempi passati quando senza tecnologia, mezzi di trasporto veloci si viveva una realtà sociale ristretta con poche possibilità di confronto e di crescita e quindi un grande evento pur tragico che fosse generava la novità! Era una scossa emotiva, un sentirsi vivi, ma al contempo un sentirsi vicini.
E oggi? E’ ancora così? Nonostante si viva in una società evoluta, l’individuo ha ancora bisogno di emozioni forti ? Ma qual’ è il senso di tale comportamento? 
Il vivere in superficie o sommersi dalla paura che ciò che è successo poteva accadere anche a chi ora è spettatore? Aristotele scrive che la tragedia, mediante una serie di casi che suscitano pietà e terrore, ha per effetto di sollevare e purificare l’animo da siffatte passioni. Egli parla di un effetto benefico sullo spettatore perché lui o lei è testimone di una scena che genera l’impressione della paura. Paura di immedesimarsi, perchè questo significherebbe sentirsi vulnerabili e in una società dove tutto mira alla perfezione e all’impossibile non è accettabile. Meglio quindi rimanere distaccati, in superficie come se vedessimo un film, restare nel non vero. La non immedesimazione fa credere all’individuo di appartenere ad un mondo sicuro e affidabile, senza preoccupazioni.
La paura dell’imprevisto, del non avere tutto sotto controllo ha portato la società a vivere condividendo solo ciò che è bello a discapito della profondità dell’animo.
Nonostante tutto sono convinta che tra tanti curiosi, sicuramente ci sarà stata anche qualche persona discreta ed invisibile che con la sua presenza fisica sul posto voleva osservare da vicino per immedesimarsi realmente nel dolore, proprio perché solo portando la nostra entità fisica di fronte al luogo di un evento nefasto riusciamo ad entrare nel vissuto altrui con la nostra parte spirituale ed emozionale creando un filo empatico virtuale rispetto all’accaduto.