domenica 26 giugno 2011

Bambini dimenticati




Scordarsi un figlio di pochi mesi in macchina sembra impossibile. Ma succede anche a genitori più premurosi e attenti.
Troppo spesso ci fidiamo della nostra mente, crediamo che il cervello sia una macchina infallibile e instancabile, che attraverso la ragione tutto si controlla e nulla si sbaglia.
Non è sempre così.
Leggendo un articolo sui bambini “dimenticati” in auto di Gene Weingarten, The Washington Post, Stati Uniti; ci si accorge di quanto invece sia pericolosa la nostra mente se sfruttata ed utilizzata in modo scorretto.

Il profilo psicologico che si evince nella descrizione di numerosi casi di genitori che hanno perso e non ucciso un figlio perché dimenticato in auto, è quello di un padre o di una madre attenta, premurosa, più o meno abbiente, diplomata o laureata. 
Non esiste un profilo ricorrente fra genitori a cui è capitata questa tragedia.
Non è una questione di cura, di amore o non amore, ma di incapacità a “fermarsi”, a non farsi catturare da quel vortice frenetico di impegni lavorativi, carrieristici, economici e familiari che oggi la nostra società ci chiama a rispondere.
Non a caso definiamo le mamme mamme multi task; termine a prima vista positivo, di persone attive e capaci nella gestione del menage familiare, ma alle quali forse si chiede troppo. Le azioni del quotidiano per il nostro cervello diventano degli automatismi che non necessitano di memoria a breve termine, come quando percorriamo una strada conosciuta senza ricordarne il percorso ed è per questo che si cade facilmente nella distrazione.
Ma per alcuni è possibile rallentare il proprio ritmo di vita o cause contingenti non lo permettono? E ‘ possibile scegliere?
Giudicare e colpevolizzare dall ‘esterno è facile, ci fa sentire al sicuro, ci difende dal credere che ciò che è successo ad altri non possa capitare anche a noi. Le vicende descritte nell’articolo di Weingarten invece, dicono chiaramente come tragedie di questo genere possano succedere a chiunque.
Non si vuole giustificare una dimenticanza così terribile, ma solo capire, affinchè simili tragedie non si ripetano. La condanna di un genitore che ha dimenticato il proprio figlio di pochi mesi in macchina è una condanna a vita, dove la rielaborazione del lutto credo non abbia mai fine. 
L'invito è di leggere l'articolo di  Gene Weingarten.

lunedì 13 giugno 2011

Mask.....





Gigliola appare una ragazza buona, premurosa e gentile con tutti; è una di quelle persone definibili “pulite”, oneste, sensibili e comprensive.
Nonostante tutto, c’è qualcosa in lei di impenetrabile; dietro la sua affidabilità si cela un muro invisibile che blocca, impedendo a chiunque di “entrare” nel suo mondo interiore.
Dove per entrare nel suo mondo interiore non intendo violare la sua privacy o riservatezza, ma semplicemente raccontarsi, esternare i propri dubbi, esprimere le proprie preoccupazioni, narrare, se capita, episodi della propria vita.
Sempre disponibile all’ascolto, lascia che l’altra persona abbia lo spazio necessario per esprimersi senza lasciarne un po’ per sé! Altruismo?
Il suo comportamento sembra molto sincero; considera l’ amicizia una fortuna.
Questo suo atteggiamento estremamente positivo, cela dall’altro lato comportamenti che a volte denotano superficialità forse non voluta, nel senso di non riuscire a “calarsi” in realtà ovvie, quasi oggettive..
Nel suo modo di vestire è sempre molto coperta nonostante faccia caldo; specialmente la parte superiore del corpo. Indossa dolcevita o camicie ben abbottonate che non slaccia nemmeno quando la temperatura aumenta. Timidezza o il vestito serve a nascondere qualcosa di sé?
Questa è la descrizione di come, a volte, le persone vogliono apparire, ma in realtà sono molto diverse….quanti di noi indossano una maschera per poter essere accettati dalla società? O quanti la indossano per convenienza? Rimanere in superficie nella conoscenza di una persona, fermarsi all’apparire senza prenderci il giusto tempo per comprendere e sentire veramente chi abbiamo di fronte. Intrappolati nel bisogno di giudicare, capita di esse tratti in inganno e,magari soffrire per aver instaurato un legame affettivo con chi ci appariva profondo e sincero.
In realtà Gigliola non era proprio come sembrava…buona, onesta e sensibile, ma l’esatto opposto. Celava un forte opportunismo ed una scarsa capacità di instaurare legami affettivi veri. Le persone erano come gli oggetti, ogni sua conoscenza era legata ad un suo utilizzo diverso; questo le permetteva di non investire affettivamente…..innalzando intorno a sé uno scudo che la proteggeva da eventuali sofferenze o delusioni, almeno dove era possibile, ma cosa è meglio: “una vita autentica con gioie e sofferenze che aiutano a crescere interiormente con la possibilità di migliorarsi affrontando le paure che fuggiamo o una vita "altra" che mai ci dirà chi siamo veramente?”